La malaria nel Ponente Ligure del Settecento

L’impaludamento dei porti canale sul Nervia e sul Roia, il proliferare di canneti selvatici, come nell’area di Bordighera (IM), ma anche alle foci di Nervia e Roia – specie nel sito dei “Paschei”, area dell’attuale casa comunale di Ventimiglia (IM) –, l’ignoranza delle tecniche romane sulle arginature di acque fluviali avevano determinato, già a partire dall’Alto Medio Evo, la riproduzione della zanzara anofele nell’estremo ponente dell’attuale provincia di Imperia.

Sia la malaria maligna (terzana continua) che la benigna (duplicis o triplicis) vennero citate fra le cause di morte, anche se a volte si alluse solo ad “inspiegabili febbri”: le comunità non furono tuttavia molto spaventate da questo pericolo, anche se le norme pubbliche ribadivano l’utilità di canalizzare le acque e prosciugare i luoghi paludosi.

In merito a ciò può esser utile citare una Lettera di Ser Teofrasto Mastigoforo a Filippo Buttari da Osimo scritta nell’anno 1744, in cui si legge a giudizio dell’areale intemelio (quello qui preso in esame): “l’aria è pestilenziale, e non può esser di più. Se è non mi crede, vada a guardar solo in viso i grami abitatori, e si chiarirà nel suo dubbio che lo fa manifesto il lor colore che pare cera gialla di candele” quindi “è giuocoforza di soggiornare in Villa per isfuggire l’aria nocivissima e pestilenziale di Ventimiglia”.

Tale considerazione induce a valutare una lettera, scoperta e studiata da Antonio Martino di Savona, del notaio originario di Sassello (SV) Gio.Batta Gavotti, operante nel 1750 la sua attività a Ventimiglia (ufficio nel quartiere dell’Oliveto), quindi a Bussana e a Taggia (ufficio nel quartiere Pantano); l’8 novembre 1750 morì sua moglie ed egli annotò: “è passata da questa all’altra vita la detta mia consorte con aver prima sofferta una malattia cronica dalla metà circa d’agosto fino al giorno della sua morte ed il di lei cadavere si è sepellito nella chiesa de RR.PP. della Annunziata fuori di Ventimiglia. Fin dalli primi giorni di sua malattia che si trovò con grave pericolo fece atti dal Not. Simone Maria Muraglia nel luogo di Bordighera, dove si trovammo a caso di cambiare aria, nel quale fece legato a mio favore delle lire 300”.

Interpretando l’espressione “cambiare aria”, il Martino pensò proprio ad una forma di malaria (altresì connessa al fatto che pure tutti i figli del notaio, che videro la luce in Ventimiglia, morirono in età infantile).