Non ci salveranno i melograni (incipit)
L’arrivo di Laura sull’isola non fu preceduto, come avviene di solito in viaggi di questo genere, da un lento avvicinamento a coste sconosciute, che iniziano a rivelarsi allo sguardo mostrando prima il profilo lontano, e poi via via particolari che le definiscono meglio: il loro delinearsi sull’orizzonte, il mutare dei confini tra la terra e il cielo, i fianchi, la vegetazione, qualche costruzione, e poi infine l’approdo. Niente di tutto questo, perché quell’ultima parte del viaggio si svolse nell’oscurità più profonda. Un viaggio cieco e senza possibilità di orientarsi nello spazio e nel tempo. Per un po’ ci fu solo silenzio e il rombo regolare del motore, poi all’improvviso quell’urlo, che le mise i brividi, simile al pianto di tanti bambini persi nella notte. Così alto che anche la barca sembrò azzittirsi. Così straniante che pensò di averlo soltanto immaginato, ma voltandosi verso i due ragazzi si accorse che anche loro lo avevano sentito, e lui esclamò ad alta voce, per coprire il rumore del motore e quello acuto che lacerava l’aria: “Eccole! Te l’avevo detto che da qui forse le avremmo sentite, le Diomedee!â€. E allora Laura ritrovò nella memoria la leggenda dell’eroe greco, che di ritorno dalla guerra di Troia morì in qualche angolo di quel mare, e fu sepolto in una delle sue tante isole, mentre gli dei trasformarono i suoi compagni in uccelli marini messi lì a vegliare e piangere la sua sepoltura. Diomede e le sue Diomedee. †Siamo stati fortunati, questo canto si sente in pochi posti qui nell’Adriatico…â€. Laura non era sicura che si trattasse di fortuna: quel lamento non somigliava per nulla all’idea che lei aveva di cosa fosse un canto d’uccelli, persino le grida dei gabbiani le sembravano più armoniose e rassicuranti. Quello era un urlo di dolore, un pianto che non trova consolazione. Se fosse stata superstiziosa lo avrebbe interpretato come un presagio, ma non lo era; e poi presagio di cosa? Si strinse le braccia intorno al corpo per riscaldarsi: il golf della felpa di cotone era troppo leggero per viaggiare di notte in mare aperto. Dopo un tempo che non seppe calcolare all’improvviso comparvero delle luci davanti alla barca, e l’approdo di fronte all’hotel.
di Maristella Lippolis, Non ci salveranno i melograni, Ianieri Edizioni (2019)